mercoledì 22 aprile 2009

Facebook: un'identità virtuale diversa


Nel lontano 2004, l'allora ventenne Mark Zuckerberg, studente di Harvard e smanettone del computer, ebbe quella che si potrebbe chiamare una buona idea: creare un luogo che potesse essere uno specchio della realtà. Detto così suona un po' banale, ma in realtà...
Fin dalla nascita di internet, questa enorme rete globale, nacquero miriadi di siti e portali che permettevano a chi si fosse iscritto di immettere contenuti personali: una sorta di diario, insomma, a disposizione di tutti. All'inizio l'utente poteva pubblicare solo testi; con il progredire della tecnologia, nel giro di qualche anno, anche foto e video. Una persona che avesse l'accesso a internet era perciò in grado di pubblicare, condividere parti della sua vita che ritenesse opportune. Ancora mancava qualcosa, però: nella frenesia di libertà e privacy tanto sbandierate, si era perso qualcosa: tutti questi siti e forum e chat vedevano l'utente come tendenzialmente anonimo, identificato al più con un soprannome che ognuno si sceglieva. Il fatto è che i contenuti pubblicati erano visibili a tutto il mondo: per conservare un po' di privacy si imponeva quindi l'anonimato. Questo sistema, tuttora in voga per molte cose, più o meno legali, più o meno ragionevoli, più o meno auspicabili, ha però il difetto di essere totalmente scollegato dalla vita reale. Pur nelle sue mille contraddizioni, l'uomo contemporaneo ancora apprezza l'armonia e la concretezza!
È forse per questo che quando il buon Zuckerberg ha proposto questo "Libro delle facce", in cui gli studenti di Harvard potevano immettere nome e cognome e dati vari, foto personali, video e opinioni, e fare in modo che grazie a sistemi informatici questi dati potessero essere visti solo da chi consideravano come amico, l'accoglienza è stata calorosissima. Finalmente uno strumento informatico di supporto alla vita reale, e non una vita virtuale che si aggiunge a quella offline. Facebook si è esteso a macchia d'olio negli USA, finché nel 2006 tutti i maggiori di 13 anni (in tutto il mondo!) hanno avuto il permesso di creare il proprio profilo, o identità digitale, sul sito. Ad oggi a Facebook fanno riferimento qualcosa come 200 milioni di persone da paesi di tutto il mondo, e la crescita è vertiginosa. Ognuna di queste persone ha degli amici con cui condivide le proprie foto, a cui scrive per sentire come stanno, che invita a eventi e con cui si tiene in contatto tramite internet; il tutto con una facilità che dice molto della tecnologia che abbiamo oggi a disposizione, e gratis - perché il sito si autosostiene grazie alla modesta e discreta pubblicità che è proposta agli utenti.
Qualche lato negativo? Solo quelli che la vita reale già presenta: il rischio di relazioni vuote, asettiche; il rischio di sprecare il proprio tempo, magari compilando l'ultimo quiz su quale attore di Hollywood saresti?; il rischio dell'esibizionismo e del voyeurismo digitali, tra la facilità di indossare la maschera che più ci aggrada e quella di passare il tempo a studiare i fatti degli altri; il rischio del furto d'identità, da parte di buontemponi che si spacciano per star e calciatori, ma anche di malintenzionati che si offrono di diventare tuoi amici per poter accedere ai tuoi dati; e infine il rischio di mettere online fin troppe informazioni: cose che si confiderebbero solo a una cerchia ristretta, ma che per leggerezza si pubblica per molti, a volte troppi.
Tutti pericoli che occorre prendere in considerazione, non tanto per moraleggiare su Facebook e internet dal di fuori, ma per mettere a fuoco e rispondere a questioni che interrogano la vita concretamente quotidiana, il nostro stile e le nostre scelte: sulla profondità delle nostre relazioni, sul valore del tempo, sul senso delle cose che si fanno, sulla propria sobrietà e umiltà, sulla propria intimità e sulle persone con cui la si vuole condividere.

Francesco Grossi

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