lunedì 14 dicembre 2009

3° Culturale: Il Signore degli anelli

Tracce cristiane nella letteratura:
“Il Signore degli anelli”.




Riassunto del libro
Nel primo atto della saga "Il Signore degli Anelli", il capolavoro di J. R. R. Tolkien, si fa la conoscenza degli Hobbit, piccoli esseri lieti, saggi e longevi, che vivono in un idilliaco paese agricolo. La piccola comunità è turbata dal destino quando il giovane Frodo Baggins, convinto dallo stregone Gandalf, è costretto a partire all'improvviso per il paese delle tenebre, Mordor, dove dovrà gettare nelle fiamme distruttrici del Monte Fato il potentissimo e terribile Anello del Potere, giunto nelle sue mani per una s
erie di incredibili circostanze. Un gruppo di Hobbit, i più fieri, lo accompagna e strada facendo si associano alla compagnia altri esseri, Elfi, Nani, Uomini; a Granburrone vi è la nascita de "La Compagnia dell'anello" composta dallo stregone Gandalf, da due umani, Aragorn e Boromir, dal nano Gimli, dall'elfo arciere Legolas e da quattro hobbit, Sam Gamgee, Peregrino Tuc detto Pipino, Merry Brandybuck, Frodo Baggins, il portatore dell'anello. Le tappe del cammino li conducono ad esperienze a volte deliziose a volte agghiaccianti, finché la scomparsa di Gandalf, trascinato negli abissi da un'orrenda e demoniaca creatura, li lascia senza guida. Così si scioglie la Compagnia dell'Anello, e i suoi membri si disperdono, minacciati da forze tenebrose, mentre la meta sembra disperatamente allontanarsi.

Durante l'inseguimento agli orchi Aragorn, Legolas e Gìmli incontrano un Gruppo di cavalieri che provengono dalla terra di Rohan guidati dal loro capo Eomer che ascoltata la missione di Aragorn decide di aiutarli donandogli dei cavalli che però fuggono spaventati da un misterioso vecchio. Intanto Merry e Pipino riescono a liberarsi approfittando di una discussione sorta tra gli orchi e vengono soccorsi da Barbalbero, un essere appartenente alla razza delgi Ent, un incrocio tra uomini e alberi. Merry e Pipino raccontano a Barbalbero la loro avventura e gli dicono che gli orchetti che li avevano rapiti erano servitore di Saruman, alleato di Sauron, che vive ad Isengard. Barbalbero ascoltata la storia decide di convocare un assemblea di Ent che deciderà il da farsi. Dopo l'assemblea un gran numero di Ent si dirige verso Isengard con l'intento di distruggere la fortezza dove vive Saruman. Aragorn, Legolas e Gimli intanto trovano i resti degli orchi che avevano catturato i due hobbit e trovano anche tracce della fuga di questi. Mentre stanno osservando le tracce vedono avanzare verso di loro un vecchio incappucciato che li saluta, dopo un attimo di diffidenza scoprono trattarsi di Gandalf sopravvissuto alla caduta nelle miniere. Gandalf esorta i tre a seguirlo verso la terra di Rohan, dove regna Re Thèoden, per convincerlo a scendere in guerra contro Saruman. Dopo aver convinto il re, trattenuto dal suo consigliere Vermilinguo, che sì scoprirà essere servitore di Saruman, i Rohirrim e i quattro superstiti della compagnia partono verso Isengard e prima di arrivarvi devono riuscire a resistere all'assedio portato dagli orchettì nel fosso di Helm. Una volta arrivati però trovano la fortezza di Saruman già distrutta dalla furia degli Ent. Qui avviene l'incontro con Merry e Pipino dì cui ormai si erano perse le tracce. Gandalf intanto invita Saruman, chiuso nella sua torre, ad uscire e a consegnarsi ma questi non vuole saperne. Vermilinguo intanto, chiuso nella torre insieme al suo padrone, scaglia una grande sfera di vetro da una finestra con l'intento di colpire Gandalf ma non vi riesce. Senza saperlo, Vemilinguo ha privato Saruman dell'unico mezzo che lo metteva in comunicazione con Sauron; la sfera era infatti un palantir, antiche pietre veggenti che avevano la capacità di mettere in contatto chiunque le possedesse. Gandalf decide poi di separarsi dalla compagnia e di avanzare da solo verso Minas Thirith assieme a Pipino, lasciando gli altri indietro. Intanto Sam e Frodo continuano la loro solitaria avanzata verso Mordor, qui però incontrano Gollum che li seguiva fin prima della morte di Boromir. Gollum si offre di aiutarli a raggiungere il Monte Fato e i due hobbit, anche se sospettosi, sono costretti a fidarsi dato che ignorano la strada. Gollum però rivela presto i suoi intenti e dopo qualche giorno di viaggio conduce gli hobbit in una trappola in cui Frodo viene catturato da una truppa di orchetti che lo trovano svenuto per strada. Fortunatamente però, prima che Frodo venga catturato, Sam gli prende l'anello mettendolo così al sicuro.

Nel capitolo conclusivo della saga dell'Anello, Aragorn e i suoi compagni giungono a Gondor, ormai un relitto dell'antico Regno degli Uomini, è qui rappresentato il mondo del Bene, in piena decadenza. Attorno, nei boschi e nelle montagne, si avvertono presagi di redenzione e mentre i due coraggiosi hobbit Frodo e Sam riprendono il difficile cammino verso Mordor, nelle pianure presso la capitale di Gondor si scontrano le Forze
del Bene e del Male. Quando il Male sembra avere il sopravvento, Frodo riesce a far cadere l'Anello nel cratere del monte Fato dopo tante difficoltà, tentazioni e scontri con orchi, orchetti e Gollum. L'Occhio del Male che non dorme, che fin dall'inizio della storia ha continuato a fissare la Terra di Mezzo, si chiude e la pace discende su tutti i popoli della Terra di Mezzo, grazie a due piccoli hobbit che nella tetra reggia del Male si sono distinti per il coraggio e un cuore puro. Il Bene vince; Minas Tirith, e con lei tutti i popoli liberi, non ha ceduto all'esercito di Sauron. I componenti superstiti della Compagnia dell'Anello si ritrovano, gli hobbit ritornano alla Contea incontrando le ultime tracce del Male. Gli uomini ritrovano il proprio re, incoronano Aragorn, che li ha guidati alla vittoria contro Sauron.


J.R.R. Tolkien nel 1916


Qualche suggestione
Ad una prima lettura il romanzo sembrerebbe non avere alcun collegamento con la morale cristiana, ma se lo analizziamo più in profondità, ci accorgiamo di molti elementi di richiamo, infatti, Tolkien stesso la definì “un’opera cattolica”. Innanzitutto notiamo che il personaggio apparentemente più umile e semplice si fa carico di un impegno molto pesante, che avrà ripercussioni su tutta la Terra di Mezzo, e sono proprio queste due caratteristiche che gli permetteranno di “sbaragliare” il nemico; infatti Sauron non si sarebbe mai immaginato che il portatore dell’anello andasse direttamente a distruggerlo nel monte Fato. Piuttosto avrebbe pensato che l’avesse usato per sconfiggerlo. Frodo si presenta, perciò, come una sorta di “Alter Christus”, che decide di sconfiggere il male non rispondendo con ulteriore violenza, ma rispondendo con umiltà e sacrificio. A questo punto, si delinea anche un’altra caratteristica del protagonista, che è il senso del dovere e la responsabilità che hanno cominciato a gravare su di lui dal momento stesso in cui ha acconsentito di compiere questa missione, ma che lo condurranno alla vittoria. Nonostante questo, molte volte il protagonista, come anche i suoi compagni, viene tentato dall’anello, dall’idea di appropriarsene per i propri piaceri; l’anello appare proprio così: semplice (infatti, nel film è presentato come una piccola fede), innocente ma allo stesso tempo attraente. Più che un peccato, sembra essere una piacevole tentazione che ha molte potenzialità ma che, se abusato, porta alla rovina, non solo di chi ti sta intorno, ma anche della persona stessa che lo porta. Frodo sembra avere davanti a sé un esempio lampante di ciò, tramite il personaggio di Gollum, un precedente possessore dell’anello che, logorato dalla passione per esso, si trova a retrocedere ad uno stato quasi animale. Da umanoide che era, ora si trova a camminare a quattro zampe, perdendo ogni connotato umano ed è mosso unicamente dal desiderio di impossessarsi dell’anello. Tuttavia Sam e soprattutto Frodo, si affidano a lui perché è l’unico che conosce la strada per il monte Fato, seguendo il consiglio di Gandalf, che ritiene che possa avere un ruolo all'interno della storia e infatti è proprio così: è solo grazie a Gollum che Frodo riesce a buttare l’anello durante lo scontro finale.

Un altro importante personaggio di significato cristiano può essere Gandalf, guida per eccellenza della Compagnia che, durante lo scontro con il Balrog, demone che cerca di ucciderlo, esprime un importante concetto quando afferma “… allora il mio nemico fu la mia unica speranza …”. Infatti solo afferrando la caviglia di questo demone riesce ad uscire e a salvarsi. Questo significa che anche quando siamo nel peccato, se riusciamo a riconoscere questa nostra situazione e combattiamo contro essa, possiamo giungere alla salvezza più forti di prima.

All’interno del romanzo si legge anche in filigrana la presenza di una sorta di Provvidenza divina che guida i personaggi lungo il loro cammino. Non c’è mai un riferimento diretto a Dio ma si percepisce spesso una speranza che anima i protagonisti, una speranza di migliorare la situazione, e anche nei momenti di maggiore difficoltà c’è una mano dall’alto che li protegge e che li guida verso il Bene.


Giulia Soncini

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