venerdì 3 dicembre 2010

3° Biblico: Rut, Cap. 3

Appunti dell'incontro Biblico con Don Cesare Pagazzi

Hugues Merle - Rut nei campi (1876)



Una delle caratteristiche di Rut che il brano mette in evidenza è la bontà: Rut continua ad essere consolazione e motivo di orgoglio per Noemi.

All’inizio del passo è Noemi che parla e dice a Rut: ‘Figlia mia, io devo assicurarti una sistemazione perché tu sia felice’. Da questa affermazione si evince quanto l’amore di Noemi per Rut sia autentico: Noemi, ormai anziana, vedova e quindi bisognosa dell’aiuto della nuora, si preoccupa, prima che di sé stessa, della felicità di Rut. Noemi sa che affinché Rut possa riscattare la sua condizione e realizzarsi ella deve prima di tutto essere libera. E Noemi la lascia libera.

Ogni relazione nasce dal bisogno: anche quella tra Rut e Noemi è iniziata così, con una dipendenza reciproca l’una dall’altra. Ciascuno dei soggetti tra cui si instaura la relazione è ciò di cui l’altro ha bisogno e allo stesso tempo necessita dell’altro. C’è un limite,tuttavia, tra la dipendenza dall’altro e l’egoismo. Limite sottile, che se travalicato rischia di imbrigliare la libertà di colui che si crede di amare.

Nel rapporto genitore-figlio c’è sempre un rapporto di interdipendenza; ed è un legame così forte che il rischio che sfoci in possessività è frequente. E’ proprio il genitore che più spesso ha difficoltà nel riconoscere la libertà al proprio figlio, il quale rappresenta da una parte la conferma del proprio successo, della capacità di generare, dall’altra la garanzia di aiuto e sostegno per un futuro che inevitabilmente cammina verso la vecchiaia. In una relazione esistono molteplici manifestazioni della negazione della libertà. C’è la possibilità del ricatto affettivo, oppure del deprezzamento delle possibilità che l’altro ricerca e che non vedono il protagonismo di chi deve affrontare, in prospettiva della stessa possibilità, la solitudine, la mancanza della persona cara. Il disprezzo per la ‘possibilità’ può assumere i connotati del ricatto che ricorre al giudizio severo, oppure della condanna morale, con un offuscamento degli intenti all’insegna della ‘giustizia’, della ‘bontà’, addirittura del ‘vangelo’ o dello stesso ‘impegno per la felicità’.

Noemi però vuole fermamente la felicità di Rut e testimonia che il bisogno è solo l’inizio di una relazione, che evolvendosi deve sfociare nel desiderio di felicità per l’altro. Noemi manifesta il suo desiderio a livello pratico, nel dettaglio. Così il grande ideale, che diventa strumento per schiavizzare, trova il proprio opposto, con fortissimo contrasto, nella concretezza più minuta.

Noemi capisce che è necessaria una strategia d’azione perché Rut possa trovare felicità, tanto che spiega a Rut che cosa, concretamente, è necessario fare per farsi accogliere da Booz. ‘Lavati dunque, profumati, indossa il tuo mantello e scendi all'aia’, dice Noemi. E’ dunque necessario che Rut mostri la sua bellezza, affinché la felicità sia favorita con furbizia, non ostacolata. Così il desiderio di bene si trasforma in tattica.

I consigli di Noemi sono degni di fiducia per Rut, che si fida dell’esperienza di una donna più anziana. Rut arriva con facilità al desiderio di bene, di realizzazione per sé. Se, tuttavia, riconosce il carattere irripetibile della propria condizione particolare, Rut si fida di Noemi perché ammette la propria carenza nella ideazione di una tattica pratica. La strategia è più sottile è più difficile rispetto all’ideale, seppure entrambi concorrano alla felicità. La saggezza di Noemi diviene necessaria e Rut, da parte sua, riesce a mantenere un equilibrio perfetto nei confronti del consiglio ricevuto, senza mai eccedere nei poli della venerazione e del sospetto scientifico.

Preparata la tattica Rut si reca da Booz: si apre una scena estiva in cui Booz si riposa, quando ormai si fa buio, accanto al frutto del proprio lavoro. Rut arriva di notte, si corica accanto a Booz e gli scopre i piedi. Se l’atto di Rut viene interpretato a livello letterale tuttavia nelle sacre scritture la parola ‘piedi’ può indicare anche l’organo genitale maschile. L’utilizzo di questo termine è spia del tipo di relazione che si instaurerà, nel capitolo quarto, tra Booz e Rut, che si sposeranno. Anche lo ‘stendere il mantello’ ha un significato simbolico e allude al rito del levirato e del fidanzamento.

E’ Rut che si reca da Booz, è Rut che si espone, è Rut che rischia. Booz è infatti un ricco possidente, lei invece una povera straniera. Ma Rut crede che valga la pena rischiare: è in gioco la felicità. La proposta di Rut viene accolta da Booz, che si complimenta con lei per le cure verso la suocera e per la scelta di un uomo più anziano. Rut è colei che coglie il valore in chi sembra non averne. Ciò che accomuna Noemi e Booz è la vecchiaia. Rut rischia la propria vita là dove la vita stessa sembra perduta, allo stesso modo di Gesù – che da Rut discende- che vede il valore nel malato, nell’indemoniato, nel povero, nel peccatore, nel morto.

Rut ha capito che per trovare il tesoro bisogna scavare. E’ una donna prestigiosa e Booz lo riconosce. Rut gode di stima anche presso i cittadini di Betlemme. E’ nel lasciarsi stimare che risiede la grandezza di Rut: dare la possibilità di credere all’esistenza di persone degne di stima è un atto di carità.

Ormai è quasi l’alba, Rut deve tornare prima che sorga il sole. A casa trova Noemi che la tranquillizza e allo stesso tempo la incoraggia, dimostrando il valore della complementarità tra la pazienza e l’entusiasmo.

Elena Esposti

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