Ecco la terza parte dell'articolo di Francesco Grossi.
La montagna è limite
Senza dubbio le pareti rocciose sono nell’immaginario collettivo tra quei posti dove l’uomo non ha vita facile, ma anzi viene minacciato di morte, non appena oltrepassi un certo limite: della difficoltà, del rischio, della sicurezza, dell’esperienza. La montagna è da sempre luogo “al limite”, per l’uomo, che tuttavia continua a tornarvi. Forse perché, a essere sinceri con se stessi, si riconosce che l’esperienza del limite e dell’esser limitati è pienamente umana, in tutti i campi e i tempi della vita, fino al limite supremo che tutti attende. Oggi spesso questa franchezza viene evitata, mentre cerchiamo di allontanare i nostri limiti con protezioni e assicurazioni e medicinali; si tratta però solo di rimedi superficiali, che se possono essere utili non devono però drogare la nostra consapevolezza, perché è solo riconoscendo i nostri limiti che si può giungere a quella “sapienza del cuore” che permette di vivere pienamente, senza lasciarsi schiacciare dalla paura e dal sospetto che qualcuno ce l’abbia con noi.
La montagna, nel suo essere spesso dura e mai scontata, è un ottimo allenamento per la vita: lassù non c’è spazio per le illusioni di onnipotenza, e ognuno è messo di fronte ai propri limiti, che vanno accettati per come sono e letti sapientemente perché indicano, come tutti i limiti, quale sia la via da percorrere per non perdere la propria vita.
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