mercoledì 26 novembre 2008

Siamo Fatti Così: Giurisprudenza

Prosegue la nostra rubrica "Siamo fatti così" con l'intervento di Giovanni Galmozzi, che presenta il suo corso di Laurea. Giovanni studia all'Università Statale di Milano.

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Piuttosto che andare in mano ad un avvocato è meglio andare in bocca ai lupi.

Questo è l’opinione che serpeggia da secoli in merito all’attività forense, idea malsana che purtroppo insozza anche la concezione che l’uomo ha della giustizia.

Giustizia! Parola enorme che vuol dir tutto ai pochi e niente ai molti, un titanico e vischioso procedimento che non ottiene risultati; chi ha risorse e mezzi economici rilevanti invece riesce a ottener giustizia, o peggio a raggirala.

Questa ahimè è l’idea che si è fatta l’uomo moderno.

Senza cadere in inutili polemiche partitiche e tralasciando la figura del legislatore, analizzerei tre figure distinte:

  • Gli avvocati
  • La magistratura
  • La popolazione

In merito alle prime due vorrei far riferimento al giurista latino………..:

“La giustizia è l’arte della bontà e dell’equità”.

Arte intesa come saper fare, saper concretizzare quello che è giusto secondo diritto. Questa parola infatti deriva da ius, che significa giusto.

Bontà ed equità dovrebbero essere applicati in forza della parte lesa e socialmente più debole, non in base ai rigidi schemi legali e processuali. Infatti la legge è al servizio dell’uomo; ai fini della convivenza comune, e non l’uomo al servizio della legge.

Per questo sostengo che l’arte della giustizia; sia in materia amministrativa (la magistratura) sia in materia difensiva (l’avvocatura); dovrebbero basarsi sul raggiungimento del bene comune nelle relazioni tra cittadini, e tra cittadini e istituzioni; carriera e avanzamento professionale dovrebbero essere necessari al corretto funzionamento della giustizia per essere sempre al Servizio del cittadino e dei suoi diritti fondamentali.

Riguardo alla popolazione.

Nella mentalità del cittadino medio, l’idea di giustizia è solitamente relegata nelle aule di tribunale, senza considerare però quella che può essere applicata quotidianamente dal cittadino stesso: la giustizia diffusa.

Cercherò di essere più chiaro.

Lo stato è composto da tre elementi:

  • Territorio
  • Legge
  • Popolo

Il popolo è composto dai singoli cittadini. Essendo il popolo elemento dello stato, ed essendo il cittadino la singola unità del popolo, si può affermare che il cittadino è la cellula base dello stato. Così se si danneggia il cittadino viene di conseguenza danneggiato lo stato.

Se ognuno di noi avesse una maggior conoscenza dei nostri DOVERI (che sono conseguenza del diritto dell’altro), e una maggior consapevolezza della collettività e del senso dello stato; potremmo agire come il lievito: non si vede, è presente in maniera diffusa, e rende buono il pane. Così riusciremmo a concretizzare nel nostro quotidiano la giustizia.

Queste sono le linee guida che i miei studi mi hanno dato e che spero di riuscire a seguire.

Giovanni Galmozzi

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