Vent’anni dopo costruiamo o demoliamo?
Vent’anni. Tanti sono quelli che ci dividono dall’avvenimento forse più esplosivo di conseguenze per i nostri giorni.
Certo, nel secolo ormai passato ci sono state due guerre mondiali, l’uomo è andato sulla luna, ci sono state le vere o presunte rivoluzioni culturali, Giovanni Paolo II (che nell’abbattimento del muro ha fatto la metà della percentuale) col pontificato più lungo della storia.
Vero, tutto vero, ma il crollo, anzi l’abbattimento, perché il muro è stato abbattuto non è crollato da solo, del Muro di Berlino è un’altra cosa.
Nei libri di storia, per rispetto alla regola aurea che se non sono passati cinquant’anni non è ancora storia, sono dedicate troppe poche riige.
Sarà la regola aurea oppure la paura di scrivere di un avvenimento che ci ha coinvolto e continua a coinvolgerci troppo da vicino? La storiografia sembra, in questo caso, essere parecchio diplomatica.
Il muro ha rappresentato una divisione reale, ideologica e politica, mal digerita, che però ha creato mondi e abitudini diverse.
Prendi due persone, unite da un legame quotidiano, fraterno, e dividile per ventotto anni. Probabilmente non saranno più le stesse.
Est e ovest hanno rappresentato gli opposti, la ricchezza e la povertà, la libertà e l’oppressione.
Prendi sempre le stesse due persone unite da legame fraterno, dividile per ventotto anni e per questo periodo fanne vivere una nella libertà e nella ricchezza, l’altra nella povertà e nell’oppressione. Quando si rincontreranno il loro legame sarà ancora fraterno come prima?
Certo la gioia del momento sarà grande, ma quando il povero oppresso si accorgerà della libertà e della ricchezza, esigerà la propria parte.
La divisione di quella “parte”, come tutti abbiamo luogo di constatare, non è ancora terminata dopo vent’anni, con grandi sacrifici, riunificazioni, allargamenti e quant’altro.
In un cantiere di Milano, due giorni fa, sotto le macerie di un muro, ha perso la vita un giovane lavoratore irregolare extracomunitario. La speranza del 1989 si unisce ora a queste tragedie quotidiane, facendoci riflettere su come la divisione della “parte”, non ancora terminata, continua ancora a creare vittime.
Andrea Ripamonti
1 commento:
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