sabato 23 ottobre 2010

Intervista semiseria sull’Università

Pubblichiamo questa "intervista semiseria" realizzata da Francesco Grossi per il giornalino parrocchiale "Il Colle".

Prefazione

Riconosciuto faro del giornalismo d’eccellenza, il “Colle” ha sempre mantenuto alta la qualità degli articoli che pubblica, e anche oggi prosegue sulla via tracciata con questa inchiesta giornalistica sull’Università. Argomento oscuro anche a causa delle continue riforme e controriforme, non ha però scoraggiato la nostra redazione, che ha deciso di affrontare in modo scientifico il problema: abbiamo mandando un inviato speciale a frequentare un corso universitario. Dopo quattro anni di ricerche, approfondimenti e prove sul campo il nostro inviato, il dott. Frossi, è arrivato quasi alla fine del suo percorso di laurea, e ci illustra oggi quanto ha scoperto rispondendo alle domande del nostro redattore dott. Grancesco.

La Redazione

Buongiorno, Frossi. Allora, quattro anni di inchiesta giornalistica: come ti senti?

Un po’ stanchino, a dir la verità, caro Grancesco. Però posso dire di aver scoperto molte cose sull’università.

Non mi dire... comunque, per i nostri lettori: che università hai frequentato?

Il Politecnico di Milano, scegliendo il corso di Ingegneria Matematica, una recente aggiunta all’offerta didattica dell’ateneo.

Su che basi hai scelto il corso?

Ero indeciso, e alla fine ho scelto quello con il nome migliore.

Ottima idea! Bene, passiamo alle tue ricerche... ad esempio, chi vive all’università?

Be’, c’è una fauna molto variegata: ci sono i VO, i NO, i NMO... e questi sono solo gli studenti!

Aspetta, traduciamo per i lettori.

Giusto... allora, gli studenti del Vecchio Ordinamento sono quelli che sono entrati prima della famosa riforma del 3+2, del 1999, quella della Moratti per intenderci. Gente che ora inizia ad essere un po’ attempata, ed è in via di estinzione.. ma ce ne sono ancora diversi in giro: li distingui perché ormai non hanno più nemmeno un capello, e girano con la ventiquattrore - probabilmente studiano e lavorano. Però hanno un’aria tutta orgogliosa: loro appartengono ancora all’università “antica”, con pochi esami e belli grossi.

Va bene, e poi con la riforma del ‘99?

Sono entrati quelli del Nuovo Ordinamento, quelli del 3+2: al governo hanno pensato che visto che i giovani italiani restavano in università per troppi anni, era meglio dividere in due spezzoni il percorso, un po’ come fanno in altri paesi.

Ha funzionato?

Insomma... il tentativo era nobile, ma a posteriori possiamo dire mal congegnato. Sono sorti diversi problemi: innanzitutto gli studenti sono rimasti sempre piuttosto lenti nel fare il percorso universitario “lungo”, tutti e 5 gli anni. La possibilità di uscire dopo tre è stata sfruttata, ma meno di quanto era stato sperato, anche perché il mondo del lavoro cominciava ad essere saturo di laureati, e dava quindi priorità ai laureati di cinque anni.

Altri problemi?

Senza dubbio quello del moltiplicarsi degli esami: con la riforma gli atenei hanno avuto molta più libertà, e hanno spezzettato non solo i percorsi di laurea ma anche gli esami - le malelingue dicono per aumentare il numero di cattedre da assegnare. C’erano lauree triennali con più di 30 esami! Il risultato è che la preparazione è diventata molto più frammentaria, i corsi brevi, tanto che gli studenti non facevano in tempo ad assorbire le materie.

Poi cos’è successo?

È arrivata la riforma Mussi, del 2004, che ha provato a mettere delle pezze alla prima riforma: ha limitato il numero degli esami, 20 alla triennale e 12 alla specialistica, tornando simile al modello antico. L’applicazione di quest’ultima riforma è avvenuta nei due anni appena trascorsi, e gli studenti che entrano ora sono quindi quelli del NuovissiMo Ordinamento.

Tutto a posto allora?

Insomma... Ancora una volta buona l’iniziativa, ma l’attuazione è stata un po’ all’italiana, se passate il termine: spesso e volentieri le università si sono limitate ad appiccicare gli esamini tra di loro, inventando i cosiddetti “Corsi Integrati”, tenuti cioè da più docenti. E magari, per passare un Corso Integrato, lo studente deve passare diversi sotto-esami, per cui non cambia nulla rispetto a prima della riforma del 2004.

Possiamo già dire come esce l’università da queste riforme?

È ancora presto in realtà: consideriamo che iniziano solo ora a laurearsi gli studenti NMO... ci vuole tempo prima di capire come funzionano le cose.

Ma non c’è in ballo un’altra riforma, stavolta del ministro Gelmini?

Sì se ne è parlato parecchio ma deve ancora essere approvata in modo definitivo. Finora i cambiamenti più grandi sono stati di tipo economico, per limitare l’autonomia finanziaria degli atenei e costringerli a risparmiare.

Qualche consiglio a chi si avvicina alla scelta universitaria?

Almeno due: di scegliere qualcosa che piace, ma ancora di più di scegliere pensando al lavoro. Ci sono troppi studenti che si laureano in materie molto particolari o poco collegate al mondo del lavoro, e poi non trovano un posto. Ah, e poi che non esiste una legge per cui tutti debbano andare all’università. Meglio andare a lavorare, se si fa fatica a studiare. C’è anche il caso che si guadagni di più.


Francesco Grossi

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