Storia di un incontro
Con questo titolo voglio iniziare a raccontarvi alcune delle mie “avventure” che vivo nella mia quotidianità.
Per chi non mi conoscesse, sono una ragazza che svolge un’attività lavorativa come impiegata assieme ad altre 3 persone in una piccola azienda artigiana che si occupa di dare assistenza/vendita alle imprese ai loro impianti di pesatura, un settore particolare.
Trascorro le mie 8 lavorative con la mia collega in un negozio/ufficio (una volta l’attività era adibita principalmente alla vendita, anche ora però capita raramente), io l’ho soprannominato il “tugurietto”, perché è buio e avrebbe bisogno di una bella restaurata, nonostante questo cerchiamo di renderlo accogliente per i pochi clienti di passaggio(soprattutto agricoltori) che vi entrano.
L’anno scorso ho deciso di riprendere a studiare e ho frequentato il primo anno di Scienze religiose nell’Istituto di Scienze Religiose di Crema, Cremona e Lodi (ma quest’anno mi dedicherò soltanto nel dare esami del primo anno, perché non è facile conciliare il tutto, l’anno prossimo si vedrà, sono ancora combattuta sul da farsi).
Va bene, iniziamo la storia, l’episodio si è svolto circa un tre settimane fa, ero uscita un momento dall’ufficio per consegnare un documento in officina (ed intanto ho approfittato per cambiare aria), ho consegnato quello che dovevo consegnare e durante il breve tragitto che mi separa dall’officina al mio “tugurietto”, mi è capitato di incontrare una signora, apparentemente come tante altre (perché mai vista in vita mia) ma in realtà non è stato così, mi ferma, mi saluta e mi chiede:” Come sta la tua nonna?” .
A questa domanda sono rimasta un po’ perplessa e le rispondo: “Quale nonna?” (perché ne ho due, la nonna A. e la nonna E. entrambe con problemi di salute di non poco conto).
Lei mi risponde: “La nonna A.”.
Le rispondo: “Bene” (ma nella mia risposta, lo ammetto, c’è stata un po’ di titubanza).
La gentil signora mi chiede se gliela potevo salutare.
Io le faccio un sorriso e le rispondo: “Va bene”. Le chiedo il nome.
Lei risponde che si chiama M. V. Lei saluta me e io lei.
Dopo questa breve ma piacevole chiacchierata, rientro in ufficio, mi chiudo a chiave (quando sono sola, mi chiudo a chiave) ed inizio ad interrogarmi su chi fosse quella signora e come mi conoscesse ma nel breve “interrogatorio” a cui mi sono sottoposta, ho riscontrato scarsi risultati.
Il giorno seguente mi fermo a mangiare dalla nonna E. e dal nonno N. e domando ad entrambi se conoscessero una certa signora M. V. Loro mi rispondono di sì e scopro che anche lei ha problemi di salute di non poco conto(nella nostra breve chiacchierata non mi è parso questo dettaglio).
Chissà se un giorno la rincontrerò…
Caterina Pezzoni
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