Appunti dell'incontro Teologico del 21/10/2011 con Don Cesare Pagazzi
Nella vita di ciascuno di noi, Dio fa sentire la sua voce (Rivelazione)e bisogna imparare a cogliere quello che Dio ci vuole dire mediante la sua Parola.
Così è avvenuto anche per i Santi.
La parola “Santo” deriva dalla parola ebraica “quadosh” che significa “separato”/” diverso”; è colui che ha uno stile che lo distingue dagli altri (es. Dio è Santo perché si distingue dagli altri dei. Dio ama le sue creature a differenza del dio degli assiro babilonesi).
Diventare Santi è compito di tutti, significa onorare la capacità artistica di Dio che ha posto in noi. Il Santo ha vissuto e ha appreso l’arte di Dio.
Dedichiamo quest’incontro alla figura di San Gregorio Magno Papa e Dottore della Chiesa .
Il quale fu un uomo diplomatico, capace di rientrare in se stesso e che sapeva “mediare” (l’arte di saper reggere i conflitti senza chiudere i rapporti mantenendo i legami).
Gregorio Magno nacque a Roma nel 540 da una famiglia nobile patrizia. All’età di 25 anni diventa prefetto di Roma, attività che lasciò a breve per entrare in un monastero benedettino, situato sul Colle Celio (tuttora esistente). Rimase per qualche anno ed apprese l’arte dell’interiorità (l’arte di saper abitare se stesso).
Anche Gesù ci dà dei consigli su come abitare noi stessi mediante:
La frase “Ama il tuo prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,16-19): prima di “amare gli altri” bisogna “amare” se stessi (imparando a rientrare in se stessi).
La parabola del “Figliol Prodigo” ( Lc 15, 11-32): il figlio dopo aver sperperato le ricchezze del padre “rientra in se stesso” attraverso il bisogno della fame ( Lc 15,17-18: “17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te…”).
Gregorio Magno fu costretto a lasciare il monastero perché fu chiamato da da Papa Pelagio II che lo inviò come suo rappresentante alla corte di Costantinopoli, compito che svolse per sei anni.
Gregorio Magno si sente legato alla società romana logorata da questi fattori e attua dei provvedimenti per risanarla a livello sociale e politico. E’ un Papa che sta in mezzo alla gente, un “uomo di trincea” che sa conservare la propria interiorità nonostante le vicissitudini che colpiscono Roma.
Gregorio riorganizzò a fondo la liturgia romana, ordinando le fonti liturgiche anteriori e componendo nuovi testi, e promosse quel canto tipicamente liturgico che dal suo nome si chiama «gregoriano».
Gregorio Magno scrisse numerose opere, ne ricordiamo due:
La vita di San Benedetto: Gregorio Magno era molto legato alla figura di San Benedetto da Norcia (vissuto cento anni prima di lui) e quest’opera è un segno di gratitudine per il fondatore dell’ordine di cui ha fatto parte.
La regola pastorale: la scrive non solo per il clero ma anche per le persone con responsabilità pastorali. Infatti il termine “pastorale” deriva da “pastore” che è colui che dà pasto, che si occupa delle persone che gli sono state affidate. Gregorio in quest’opera vuole dire che per fare bene il pastore ci vuole una regola.
Muore a Roma nel 604 all’età di sessantaquattro anni con una vita compiuta, da protagonista.
Gregorio Magno Papa e Dottore della Chiesa viene festeggiato il 3 settembre e la liturgia delle ore indica il testo “Le omelie su Ezechiele” che riporto di seguito:
Dalle «Omelie su Ezechiele» di san Gregorio Magno, papa
E' da notare che quando il Signore manda uno a predicare, lo chiama col nome di sentinella.
La sentinella infatti sta sempre su un luogo elevato, per poter scorgere da lontano qualunque cosa stia per accadere.
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