giovedì 17 gennaio 2008

Sugli avvenimenti della Sapienza di Roma

Si dice che la propria libertà inizia dove finisce quella dell’altro, ma da qualche parte ho letto che la propria libertà può iniziare dove inizia quella dell’altro. E, inconsapevolmente, quest’ultima affermazione l’ho ormai interiorizzata, condividendone l’aspetto di cittadinanza, di società e convivenza che ne soggiace: una cittadinanza rivolta al bene comune, attiva, dove le persone vanno a braccetto costruendo libere il mondo, sapendo che hanno stessi diritti e forze.

Ma da sempre la libertà si intreccia con il concetto di uguaglianza. Quello che è accaduto all’Università la Sapienza a Roma in questi giorni, mi sembra che possa essere stato un rapporto interculturale mancato, tra visioni differenti della e nella vita; purtroppo, è venuto meno uno dei pilastri della relazione interculturale: la comprensione e l’apertura verso l’Altro. Non è stata possibile una relazione, un confronto arricchente con un Uomo umile, ricco di conoscenza, saggezza e fede. A noi giovani, in genere, piace parlare anche con “campane diverse dalle proprie” con la consapevolezza del “che gusto c’è nel discutere con chi la pensa come me?” Tuttavia, gli ultimi avvenimenti sono segnali di una ricerca finalizzata a dialogare solo con le stesse e simili prospettive (andando contro l’essere proprio dell’università), con il rischio di apparire orientati unicamente a volersi sentire dare ragione e gonfiare di se stessi, senza crescere. È venuto meno il rispetto e la comunicazione, un’apertura relazionale. Berlin parlava libertà positiva (libertà di) e di libertà negativa (libertà da), ma perché questi tipi di libertà sembrano valere solo per alcuni? Perché spesso, non appena questo grande Uomo parla sembra incorrere in pregiudiziali e decostruttive critiche, svalutanti per la Sua e la nostra libertà di cattolici? Non esiste anche per Lui il diritto di libertà di e da? 

Sembra che ognuno, in questo piccolo gruppo di docenti e studenti universitari della Sapienza di Roma, abbia estremizzato il proprio atteggiamento e ora“se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico”! Mi domando se lo sono davvero e se, inconsapevolmente, non siano andati contro i propri ideali di libertà e di ricerca critica, coltivati nell’università, nel luogo della conoscenza. Auspico che non si aprano polemiche sterili e piatte, che dividano in gruppi di fazioni pro-cattolici e anti-cattolici, ma che ciascuno si apra al dialogo per essere davvero agli altri ed a se stessi amici e prossimi e che si evitino retoriche battaglie che potrebbero farci tutti divenire “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” (E.Montale, Non chiederci la parola).

Chissà cosa direbbe Giorgio La Pira, credente, universitario, impegnato nel mondo cattolico ma anche in quello politico. Cosa direbbe chi ha lottato per la nostra libertà di pensiero e contro ogni tipo di chiusura? Cosa direbbero coloro che esattamente sessanta anni fa, in seguito al secondo conflitto mondiale, hanno trovato ciò che li univa andando oltre ciò che li divideva, stendendo insieme, con il dialogo e il rispetto, la nostra Costituzione? Chissà se ne saremmo ancora capaci. Lazzati parlava di Azione cattolica e di Azione politica e forse abbiamo tutti bisogno di una riflessione sul significato della laicità nella vita quotidiana.

Lascio la parola a V. Bachelet che nell’agosto del 1947, invitava i fucini a sapere cogliere i valori apprezzabili ovunque sbocciassero e di sapere interpretare stili relazionali improntati alla disponibilità e all’amicizia verso tutti: “è certamente questa una delle leggi singolari e difficili del cattolicesimo: difendere le proprie idee e i propri diritti ma difenderli amando coloro che combattono per ideali opposti, e amare significa essere in ansia per la loro vita, avere a cuore il loro buon nome, saper pregare per loro, essere capaci di offrire in ogni momento un sorriso di pace, e questo non vuol dire essere fiacco”. (Ricerca, 1947)

Daniela Baldini

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