domenica 9 marzo 2008

La paura e la libertà: Antonello da Messina e Lorenzo Lotto. (don Emilio Contardi)

L’Annunciata (1475), Antonello da Messina, Palermo

È un Annunciazione molto particolare, infatti manca l’angelo che di solito è l’altro protagonista della scena. Tutte le critiche convengono nel dire che lo spettatore ha preso il suo posto.
Tuttavia la prima cosa da guardare è lo sfondo: manca l’oro delle icone, il paesaggio, l’architettura...lo spazio in cui l’uomo vive. C’è solo la Donna, essa che vive in tutta la sua assolutezza; non c’è uno spazio determinato; è come se fosse lì in tutta la sua astrattezza. Però c’è la luce che si riflette sul suo volto proveniente dall’alto e specchiata dalle pagine del libro. La presenza della luce porta inevitabilmente alla presenza delle ombre, segno dell’opacità della realtà. L’Annunciata esce dal buio dello sfondo per avanzare verso a luce del libro [è un classico di Antonello da Messina].
Il tutto rimanda ad un significato più ampio: la nascita di una nuova classe politica; l’uomo che abbandona il buio per la conquista dell’autonomia (status di autogaranzia); ma se mettessimo questo nuovo uomo davanti al Divino come reagirebbe?
Qui il divino non ammira più l’uomo ma lo interpella; l’uomo è sotto lo scacco dalla domanda.
Lo si può notare nell’espressione catatonica della madonna (cfr. mani) [qui tutto viene messo in gioco, anche il senso del sé]. Ecco allora un nuovo parallelismo con l’uomo 400esco: l’Uomo si sente ancora minacciato da una potenza, anche quella del maligno.
Questo spiega anche ed in parte il motivo per cui in questo periodo L’Annunciazione è un dipinto molto ricorrente, è come se l’uomo sentisse la potenza del divino forte nel mondo e ne è provocato.
Davanti ad un quadro dovremmo ricordarci più spesso di farci questa domanda per poter comprendere ed apprezzare l’artista e le sue opere: “Cos’ha di originale questo quadro/artista?”.
Qui è impossibile non notare la rivoluzione:
1. non c’è l’Angelo (*);
2. non c’è l’ aureola (**);
3. non c’è lo Spirito Santo (rappresentato di solito dalla colomba) (***).
Vi è una laicizzazione dell’evento anche nel ritratto della donna: i lineamenti potrebbero essere quelli tipici di una donna di quell’isola.

(*) Noi siamo l’angelo: noi siamo i portatori del messaggio divino (dicendo l’Ave Maria si genera il figlio di Dio).
(**) Viene tolta la sacralità: la presenza di Dio non è mai in un accessorio ma nella geometria del corpo (l’architetto in quel periodo è l’alter deus). La proporzionalità era la prerogativa del divino. Il divino non si esprime mai nell’eccessivo (del grande o del piccolo) ma nella serenità.
La geometria diventa simbolo di altro, nasconde in sé significati altrimenti non rappresentabili e tutta una teologia è riassunta in una forma, in una “semplice” immagine:
1. il mantello è una nicchia di protezione che copre la testa come una cupola (espansione verso il cielo della testa) e scende a spicchi formando triangoli perfetti;
2. il viso è un ovale perfetto;
3. la simmetria è sorprendente: la piega del velo sulla testa (verso l’interno) coincide con lo spigolo del tavolo (verso l’esterno) e con le nocche delle mani che però sono leggermente spostate dall’asse centrale (allontanamento dal divino: non è ancora il momento dell’ “Avvenga/sia fatta la tua volontà”, infatti quella stessa mano chiude il mantello e l’altra ci allontana. Ogni persona ha bisogno di un proprio spazio che non deve essere violato. Anche lo spigolo del tavolo ci allontana ancora di più , come se la Madonna volesse essere ancora più spigolosa con noi (costruzione ripresa da Caravaggio nella Deposizione: il tavolino diventa la pietra ribaltata del sepolcro – pietra angolare – ). La mano che chiude, invece, è il monito di una ricerca dell’interiorità, spazio della responsabilità della decisione personale (barriera territoriale creata dalla paura).
C’è un ulteriore connessione e un piano interpretativo in parte differente dal precedente: le nocche sono il continuo dello spigolo del leggio e l’altra mano è parallela al pian di esso, quasi parlasse con questo leggio, con il libro posto su esso (la Bibbia). È intenta in un dialogo con Dio: si intende l’esigenza che queste pagine le suggeriscono.
[Se c’è perfezione geometrica nel corpo dell’uomo a maggior ragione c’è la volontà di Dio nel creare l’uomo.]

Noi non siano più gli interlocutori del suo sguardo ma i destinatari: forse quella stessa mano non vuole allontanarci ma dirci che è per noi. La mano che chiude, invece, che il più della sua fede resta suo.

Il sorriso è appena accennato:
1. ironico di chi tutto sa e tutto ha capito ciò che succederà e cosa le aspetterà;
2. di chi si sente intrappolato e non capisce.

Annunciazione (1528), Lorenzo Lotto, Recanati

Lo spettatore chi è?
Non più l’Angelo che non c’è e nemmeno lo Spirito. La Madonna guarda da tutt’altra parte, abbandona tutto (il libro, l’inginocchiatoio...). Il tutto è scomposto (il mantello, il vestito...) [vs Antonello]. Probabilmente è una presa in giro di un quadro di Tiziano, in cui lei è Regina di tutto ed è lei che dà udienza all’Angelo, come se il tutto le fosse dovuto. Qui è completamente capovolta la prospettiva: sembra tutto troppo grande per lei.

Il suo abito è la casa quotidiana; in Antonello ha una casa-abito; qui non si ritrae nel privato ma si avvita nella quotidianità.

Esistono due ambienti: la casa quotidiana e il giardino lussureggiante, perfetto. Entrambi sono umanizzati. Il giardino è la perfezione che significa ricordo, nostalgia del Paradiso Terrestre, unico spazio che nel 500 chiede di essere abitato, abitato di nuovo: non si ricorda la cacciata ma un ritorno.

Rovesciamento delle posizioni: l’Angelo e Dio sono a sinistra, come il David di Donatello guarda a sinistra perché lì c’è Golia. Dio e l’Angelo sono visti come nemici.
In Lotto Angelo e Demonio sono uguali, solo la battaglia finale deciderà; anche il tempo del giorno non è ancora maturo per emettere il verdetto (cfr. la clessidra: è ancora a metà giornata).

Di nuovo, chi è lo spettatore?
La Madonna prende paura perché scopre che con l’ingresso del divino vi è anche la presenza del maligno [“la Madonna ha una paura del diavolo!”. L’espressione sintetizza bene il concetto].
Mentre tutti cercano la via media (cfr. periodo storico: protestanti vs cattolici), Lotto dice che essa non esiste, che c’è del mistero sia nel divino che nel maligno.
La visione del Lotto è molto singolare: Dio che la prega, chiede non impone. [È lo stile di Dio].
Il contrario della paura non è il coraggio; il non avere paura significa essere incoscienti. Il coraggio è l’autoconsapevolezza.

Uso dei colori: sono abbastanza freddi; Lotto è sempre stato accusato di non essere capace di usare i colori, al contrario di Tiziano che non sapeva disegnare ma li usava molto bene i colori e a Venezia occupava tutta la scena. Lotto non lavora sui contrasti: i colori, infatti, sono più o meno della stessa tonalità, questo perché è inutile accostare in maniera armonica i colori per far apparire la realtà un tutt’uno quando questa unita e armonica non è. È inutile dare un senso che la realtà non ha. Se i colori accostati stonano è dovuto al fatto che la realtà è stonata.
Gli oggetti, i particolari ci sono e non si possono eliminare!

I due quadri rappresentano la realtà in cui sono stati dipinti: il primo la tranquillità della borghesia 400esca; il secondo l’insicurezza totale, neanche il divino riesce a darne ancora.

Mi viene spontanea una riflessione...come l’uomo sia pieno di contraddizioni, di prospettive totalmente diverse ma come in esso convivono magnificamente...non necessariamente tutto deve essere vero in ogni momento, ma ogni momento, anche piccolo piccolo, all’interno di una vita intera o dentro quello stesso momento, ha la prospettiva che lo rappresenta meglio, quella che sente più vicino, quella che dice cose (senza dirle) che non si saprebbe dire diversamente...
Come si fa a non pensare che nell’umano non ci sia il divino?...mi piace pensare che dentro di noi ci sia un po’ di Dio, che siamo fatti un po’ di Lui...

Chiara Augusta Galmozzi

1 commento:

Anonimo ha detto...

ciao muori crepi allora ciao

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